sabato, Dicembre 21, 2024
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Intervista a Walter Montagnoli, segreteria nazionale CUB: la crisi morde più forte, lo stato delle lotte, la prospettiva del sindacato e gli appuntamenti dell’autunno

Cominciamo con un ragionamento sulla crisi. C’è la falsa propaganda del governo sull’aumento dell’occupazione e il superamento della crisi e ci sono i dati reali che parlano al contrario. Come possiamo inquadrare la situazione attuale?

Il dibattito pubblico in Italia, specialmente quello che rimbalza su giornali e televisioni, è di una squallida provincialità, in cui la fa da padrona un gossip di quart’ordine. Invece, siamo, in Europa e ancora di più in Italia, in una situazione anche più preoccupante anche solo di alcuni mesi fa. Quando arriva la notizia che per la prima volta dal dopoguerra, la Volkswagen si accinge a chiudere 4 stabilimenti, vuol dire che siamo arrivati a un punto estremamente grave di una crisi economica già pesantemente acuita dalla crisi pandemica e poi ancora alimentata dalla guerra e dalla conseguente crisi energetica. L’Italia, che ricordiamolo è sostanzialmente in un ruolo di subfornitore per l’industria tedesca, ne pagherà un prezzo terribile. Dò un solo dato: alla ripresa di settembre, trovi nel comprensorio industriale di Brescia, il record negativo di oltre 10000 cassaintegrati. Le industrie chimica, tessile e delle calzature sono in grave difficoltà.

Mario Draghi sembra spronare l’Europa a un cambio di passo, dentro però al medesimo impianto che ha portato alla crisi attuale. Cosa ne pensi?

Sarò lapidario: Mario Draghi ha avanzato una proposta di investimenti enorme che sarà inaccettabile per i Paesi dell’UE. Una delle poche cose che credo rimarranno in piedi di quella proposta sarà la lievitazione esponenziale della spesa militare. Quindi, si tratta di una proposta che va nella direzione opposta a quella utile e necessaria.

Una crisi economica che precipita nella crisi sociale, alimentata dalle concrete misure assunte da questo governo.

Certo. Gli indicatori ufficiali del sistema pubblico, a cominciare dall’ISTAT, lo certificano con l’aumento pesantissimo della povertà assoluta e di quella relativa su cui pesa in maniera catastrofica la criminale decisione di questo governo di tagliare i principali istituti di sostegno al reddito e gli ammortizzatori sociali. Vorrei aggiungere questo elemento di analisi. La crisi morde in tutta Europa, a partire dalla “locomotiva” tedesca e, come già ricordato, la folle scelta della guerra e della corsa al riarmo ha avuto l’effetto di peggiorarla ancora di più, anche a causa della crisi energetica che ha determinato. La specificità italiana è, però, che tutto questo si innesta su una scelta tutta interna al sistema economico e politico italiano di penalizzare i salari e le pensioni dei lavoratori che sono tra i più bassi d’Europa, con un differenziale che in questi anni è cresciuto in maniera insostenibile perché, mentre negli altri Paesi le retribuzioni sono cresciute, in Italia sono rimaste al palo. Il governo “vanta” un aumento dell’occupazione ma assistiamo al paradosso che aumentano gli occupati e diminuiscono il complessivo delle ore lavorate. Spiegazione semplice: aumenta la precarietà del lavoro, cioè impieghi che occupano un lavoratore per poche ore settimanali, con la conseguenza che cresce il fenomeno del lavoro povero.

Una crisi drammatica che si alimenta dalla scelta della guerra e che provoca una folle corsa al riarmo, tagli alle spese sociali, salari da fame. Una miscela esplosiva che però non sembra innescare la miccia di una ripresa del conflitto di classe. Quali le ragioni?

Dobbiamo partire dalla realtà quale essa è: assistiamo, non da ora ma dentro un processo storico di lungo periodo, a una “narcotizzazione” dei movimenti. Non possiamo dire che non ci sono lotte ma il punto mi sembra il seguente: si tratta quasi sempre di lotte difensive, spesso disperate, in una condizione diciamo di “solitudine”, ognuno, nella sua singola lotta, solo di fronte ai suoi problemi. Sarebbero sbagliate semplificazioni. Si tratta di un processo che è maturato dentro un lungo periodo di arretramento sindacale, politico e culturale, una crisi complessiva del rapporto con i lavoratori e le masse a causa dell’accettazione del modello unico imposto dalla rivoluzione restauratrice della globalizzazione capitalistica. Basti pensare alla capitolazione dei sindacati confederali e dei principali partiti dell’allora centrosinistra alla Fornero. Questa crisi di rapporto si è trasformata in una vera e propria frattura che è la causa profonda della situazione che ho definito come “narcotizzazione dei movimenti e delle lotte”. Una rottura drammatica: la maggior parte dei lavoratori metalmeccanici ha votato prima Lega e ora vota Fratelli d’Italia. Ma se vai in Francia, dove pure c’è una situazione molto più mossa e frizzante che da noi, scopri che nelle zone più industrializzate, specialmente nel Nord del Paese, i lavoratori votano in maggioranza per il Fronte Nazionale della Le Pen.

Noi, intendo un “noi” largo del sindacalismo di base e più in generale dei movimenti alternativi al capitalismo, non siamo fuori da questa crisi perché non siamo stati, fino ad oggi, in grado di rappresentare l’alternativa credibile per i lavoratori a quella deriva dei sindacati maggioritari, anche se, ritengo, abbiamo il merito di preservare un pensiero e una iniziativa critici. Questo è necessario ma non sufficiente. E tutti, dobbiamo avere la consapevolezza di tale insufficienza per proporci realmente di compiere il salto di qualità necessario e indispensabile.

Questo ragionamento ci aiuta per tentare di dare una attualizzazione al nostro colloquio. L’autunno è alle porte e con esso la manovra finanziaria che non si preannuncia indolore. A questo si aggiunge una situazione democratica che rischia di precipitare verso una deriva apertamente autoritaria (il ddl Sicurezza e poi i progetti di riforma costituzionale come il premierato, ecc.).  Quali gli impegni e le scadenze a cui si sta lavorando?

Se non connettiamo il contrasto con le scelte securitarie e la deriva autoritaria con le vertenze dei lavoratori e le lotte sociali, perdiamo sia il rapporto con le masse che la democrazia.

In questo quadro, trovo veramente grave che si stia approvando in queste ore alla Camera dei Deputati il cosiddetto ddl Sicurezza senza che vi sia un contrasto adeguato, a cominciare dalle forze politiche di cosiddetta opposizione. So bene che parlo con l’Unione Inquilini che questo problema lo ha sollevato da tempo e con una forte denuncia, che abbiamo subito condiviso. Il punto è che questo provvedimento, che non è meno grave degli altri presentati dal governo, sta passando quasi sotto silenzio, come una legge qualunque, senza che vi siano i riflettori della stampa o un serio e visibile contrasto delle forze dell’opposizione parlamentare. D’altra parte, neanche il cosiddetto governo “Giallo Rosso (pallido)”, parlo di quello con Movimento 5 Stelle e PD, ha pensato di abrogare i cosiddetti “Decreti Sicurezza” di Salvini. Non credo che sia un retropensiero così malizioso, visti i precedenti, ritenere che per forze quali il PD, alla fin fine, “ereditare” il ddl Sicurezza, che ha l’obiettivo di criminalizzare i poveri ma anche di reprimere i movimenti di protesta, possa rappresentare un lascito non sgradito.

Per quanto ci riguarda stiamo lavorando, unitariamente, con le altre realtà del sindacalismo conflittuale e con i movimenti, per il rilancio di una mobilitazione nazionale per una giornata nazionale di iniziative e manifestazioni contro questa deriva autoritaria e per difendere la libertà di manifestazione e di protesta.

Poi, c’è l’appuntamento della manovra finanziaria, cosa non piccola e non facile.

I margini, il governo li ha già definiti con l’accettazione del nuovo patto di Stabilità in cui si è impegnato a ridurre di 10 miliardi l’anno per i prossimi 10 anni il debito pubblico. E dall’altro canto di incrementare le spese per la Difesa (cioè per il riarmo).

Si farà cassa contro i lavoratori e i pensionati.

Si vuole scippare una quota del TFR (tra il 25 e il 30%) verso i fondi pensione (un affare che i sindacati confederali sono ben felici di cogestire), con la “piccola” differenza che questo travaso diverrebbe obbligatorio. Si vuole ulteriormente elevare l’età pensionabile fino a 70 anni, a partire dal Pubblico Impiego ma chiaramente con un intento più generale, tagliare ulteriormente le forme del welfare, a partire con i tagli alla Sanità Pubblica, si parla anche della privatizzazione dei porti e altro ancora.

Stiamo costruendo un raccordo unitario di tutte le organizzazioni del sindacalismo conflittuale per un percorso di iniziative comuni che attraversi tutta questa fase dell’autunno e dell’inverno e che dia una sponda importante alle lotte che si stanno costruendo, anche in maniera importante.

Vorrei, infatti, concludere con la valorizzazione di nuove esperienze unitarie di lotta nella logistica e nei trasporti che non aprono solo alla speranza di una ripresa della conflittualità ma indicano anche forme nuove in cui è possibile far vivere e crescere la democrazia di base nei luoghi di lavoro. Parlo in particolare dell’esperienza dell’Assemblea dei Ferrovieri che ha dato vita a promozione di scioperi che stanno vedendo una partecipazione mai vista in precedenza e anche negli altri settori del trasporto, da quello aereo a quello locale, si stanno muovendo forme di lotta importanti.

Dentro questo percorso dell’autunno, c’è anche l’appuntamento dell’Alleanza Internazionale degli Abitanti “Sfratti Zero”, che quest’anno rilanceremo anche dentro esperienze unitarie inedite tra associazioni e movimenti.

La CUB, come sempre, parteciperà attivamente, sia nazionalmente che attraverso l’attivazione delle sedi locali. Abbiamo da rilanciare una stagione di lotte dei lavoratori e di lotte sociali, tra cui quella per il diritto all’abitare è fondamentale. Dobbiamo impegnarci allo spasimo per rompere la gabbia dell’isolamento e della solitudine delle lotte per connetterle assieme.

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