mercoledì, Febbraio 5, 2025
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DDL Sicurezza arriva in Aula: “Pietà l’è morta”, la giustizia pure. La nostra lotta non si arresta.

Comincia domani alla camera dei deputati, in prima lettura, la discussione e la votazione sul disegno di legge del governo n. 1660, conosciuto come DDL Sicurezza.

Sordo a ogni critica e ai rilievi di sindacati, associazioni, movimenti, fino anche ai rilievi di organismi sovranazionali, impermeabile alle richieste di modifica delle opposizioni parlamentari, governo e maggioranza di destra hanno serrato il chiavistello della saracinesca e in un delirio autoreferenziale sono andati avanti a testuggine, dialogando solo al proprio interno, introducendo solo modifiche ulteriormente peggiorative a un testo già pessimo di suo.

In oltre 30 articoli, sono stati inseriti numerosi nuovi reati penali più svariate aggravanti con un indirizzo univoco: colpire i soggetti più fragili e deboli, impedire le forme di proteste, cercando di bloccarle sul nascere con la deterrenza di pene carcerarie spropositate.

La logica, profondamente antidemocratica delle destre al governo, è di trasformare in reato la protesta: le varie forme che essa assume non hanno importanza, diventano sfumature del medesimo reato.

Alcuni esempi: le forme di proteste civile contro il sovraffollamento delle carceri, anche la resistenza passiva o anche per disobbedienza a un ordine (neanche specificando se legittimo) viene punita come “rivolta”, con una estensione della norma anche ai CIE e financo alle strutture che accolgono i rifugiati e i minori non accompagnati (che non sono neanche reclusi); diventa reato penale il blocco stradale o ferroviario, con pena aggravata se si protesta contro un’opera pubblica o infrastruttura definita “strategica”.

Come abbiamo ampiamente denunciato, nell’articolo 8 del DDL Sicurezza, viene prevista una pena carceraria tra 2 e 7 anni a chi “offre una utilità” agli occupanti, con una interpretazione vaga che può andare da una manifestazione a sostegno di una occupazione di un immobile vuoto, un picchetto contro uno sfratto che viola i diritti umani, una sottoscrizione per una rete antisfratto (e si potrebbe continuare con altri esempi).

Si badi bene, questo è un punto decisivo per indicare la cultura politica di questa impostazione.

Chi tutela il diritto alla sicurezza delle 650 mila famiglie che sono in vana attesa di una casa popolare seppure ne hanno un diritto certificato dalla collocazione nelle graduatorie dei bandi pubblici?

Quale sanzione viene prevista per coloro che hanno lasciato (e lasciano tuttora) abbandonato il patrimonio pubblico, cosicché, di fronte a un immenso bisogno inevaso di alloggi a canone sociale, abbiamo circa 90 mila alloggi ERP vuoti e non assegnati?

Chi si occupa di dare una risposta alle famiglie che vengono sfrattate con la forza pubblica (150 ogni giorno), violando i diritti umani che sono sanciti negli accodi sovranazionali che l’Italia ha liberamente firmato e ratificato e che viola, non fornendo una risposta nella direzione di un accompagnamento sociale che realizzi lo sfratto solo con il passaggio da casa a casa? Quali sanzioni vengono stabilite per chi non ottempera (e neanche risponde) ai rilievi e alle richieste avanzate dal Comitato ONU per i diritti umani?

La forza dei numeri in Parlamento soverchia la ragione e uccide l’umanità. Ma la battaglia non finisce.

L’articolo 8 del DDL Sicurezza mostra profili di profonda incostituzionalità che faremo valere in ogni sede.

La sua formulazione è volutamente contraddittoria: un titolo che afferma che parla di “Occupazione di immobile destinato a domicilio altrui” e un testo che invece si rivolge a tutte le forme di occupazione, anche di quelle di immobili vuoti, abbandonati e in disuso, fino alla “detenzione illegittima”. E’ chiaro il retropensiero di estendere la norma anche a chi, pur essendo nell’immobile con titolo legittimo, è sottoposto a uno sfratto.

Non ci fermeranno e non ci fermeremo. La battaglia ancora è lontana da concludersi e noi adiremo a tutte le sedi nazionali e internazionali per fermare questa barbarie di civiltà.

Soprattutto, non fermeremo ma rilanceremo le nostre iniziative e le nostre vertenze.

Non ci opporremo soltanto. Illumineremo questo tunnel buio con le torce della solidarietà e dei diritti, non solo opponendoci al DDL Sicurezza, ma costruendo l’alternativa: una stagione nuova, contro guerra, austerità, repressione.

Non vogliamo solo cambiare l’orchestra che suona la solita musica stantia e mortifera del neoliberismo, della corsa al riarmo, della guerra.

Il diritto all’abitare e una nuova politica pubblica per abitazioni a canone sociale sono uno degli architravi di questa alternativa.

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