Solo nel 1990, dopo quasi 50 anni dalla caduta del fascismo, fu tolta la classifica di segretezza agli atti del Tribunale Speciale fascista e resi pubblici e disponibili alla consultazione. Passarono per il tribunale speciale circa 6000 oppositori politici (quasi 4000 operai o artigiani e più di 500 contadini). Furono inflitti complessivamente più di 27 mila anni di carcere e comminata la condanna a morte a 42 oppositori.
Il più famoso tra questi processi fu il cosiddetto “Processone” contro 31 dirigenti del Partito Comunista d’Italia (tra i quali Antonio Gramsci e Umberto Terracini). Tra questi 31 dirigenti del Partito Comunista d’Italia, vi erano 6 deputati, che erano stati destituiti dalla carica parlamentare e ai quali era stata tolta l’immunità. Tra questi, oltre a Gramsci, che all’epoca aveva 37 anni (e poi morì in carcere nel 1937), vi era anche un avvocato lombardo, nato a Vimercate e primo sindaco socialista di Monza nel 1919, il cinquantenne Ezio Riboldi.
I deputati erano stati dichiarati decaduti il 9 novembre del 1926, da una Camera ridotta, secondo il noto discorso di Mussolini a un “bivacco di camice nere” e dopo il colpo di stato, seguente all’omicidio di Giacomo Matteotti e al varo delle cosiddette “leggi fascistissime” e la soppressione di ogni garanzia di libertà per ogni formazione, organizzazione, giornale o rivista che non fosse direttamente controllata dal Regime. Per portarsi avanti con il lavoro e prenderli alla sprovvista, i deputati comunisti furono arrestati il giorno prima, l’8 novembre (quando ancora erano pienamente nelle funzioni e quindi illegalmente, anche dal punto di vista della forma).
Non interessa in questa sede, ricostruire le nefandezze giuridiche del “processone” (d’altra parte per legge, la corte del tribunale speciale era costituita non da giudici ma da ufficiali della milizia fascista e operava come tribunale militare in tempo di guerra).
Dopo un dibattimento farsa, gli imputati furono naturalmente condannati: Terracini a 22 anni, 9 mesi e 5 giorni di carcere, Gramsci a 20 anni, 9 mesi e 5 giorni, Riboldi a 17 anni, 4 mesi e 5 giorni. Gli altri a pene analoghe.
Interessa citare l’interrogatorio in istruttoria dell’Onorevole Riboldi, inedito fino al 1994.
“Interrogatorio di Riboldi del 31 gennaio del 1927: Io ebbi fino all’agosto del 1926 un mio studio in colleganza con l’Avvocato Aldisio in Via Ponzarella 10, ed era anzi l’Ufficio Legale dell’Unione Inquilini con sede in Porta Venezia 97” (si parla di Milano).
Dopo il 1926/27, l’0rganizzazione venne sciolta, come altri organismi di massa (per esempio i sindacati, sostituiti dalle corporazioni).
Riboldi era un socialista massimalista. Fu deputati per tre legislature, dalla XXV alla XXVII Legislatura del Regno d’Italia, dal 1919 al 1926, quando fu privato dell’immunità e arrestato.
Nel 1922, presentò, assieme al gruppo socialista, la prima proposta di legge presentata nel Parlamento italiano per affrontare complessivamente la questione abitativa: Atto Camera 1539 del 17.05.1922 “Disposizioni per risolvere la crisi degli alloggi”.
Nel 1923, eccolo protestare in Parlamento contro gli sfratti, in particolare contro “600 sloggi a Milano, previsti per il primo settembre del 1923, “ottenuti con dimostrazioni artificiose di pretesi stati di necessità e che quasi tutti gli sloggiati si trovano nell’impossibilità di trovarsi casa”. Ancora nel 1923, va in Aula per contestare il ricorso ai canoni neri e alla pratica di pretendere fuori contratto, versamenti extra “con inganni e raggiri”.
Infine, l’ultimo atto parlamentare di Riboldi nel 1926 (ormai deputato comunista, nel cui gruppo era confluito assieme a un nucleo di socialisti massimalisti, espulsi dal PSI), fu una interpellanza al governo per chiedere come intendesse affrontare “la sempre più grave crisi degli alloggi”.
Insomma, una attività continua e insistente che esprime, fino al Parlamento, il senso di una iniziativa politica sul tema della casa, che, come Riboldi stesso rivela nel suo interrogatorio, continuò fino alla vigilia del suo arresto (8 novembre 1926).
Ma è sulle coincidenze e le corrispondenze della storia che vale la pena soffermarsi ancora un attimo solo.
Non sappiamo se i compagni che fondarono l’Unione Inquilini a Quarto Oggiaro (sarà l’oggetto del prossimo numero di questa rubrica) fossero consapevoli di questa origine contigua, dal punto di vista culturale e politico, con quella di Riboldi, anche loro della sinistra socialista (lo PSIUP). Tra l’altro, curiosità della storia, ruppero dal punto di vista ideologico con il partito di riferimento, sulla medesima questione. Riboldi con il PCI nel 1964 (un anno prima della morte) sulla medesima questione sulla quale, dopo tre anni, uscirono dallo PSIUP, Zambon e gli altri fondatori di quella che potremmo chiamare “nuova fondazione” dell’Unione Inquilini: la rottura tra Unione Sovietica e Cina e la scelta del Pci di schierarsi dalla parte di Mosca.
Ma c’è un’ultima coincidenza della storia che stupisce.
Scartabellando tra i documenti della polizia fascista, esce questo resoconto di una circolare proveniente direttamente dal Capo Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, datato 20 gennaio 1923: “Considerato che la legge sugli affitti tutela gli inquilini attraverso le commissioni arbitrali presiedute da un magistrato di probità assoluta, considerato che in quasi tutte le città d’Italia sono già intervenuti accordi amichevoli tra le due categorie dei proprietari e degli inquilini; considerato che anche a Roma, mercé l’interessamento del Sindaco, il superiore senso di civismo delle due categorie, porterà certamente all’accordo; considerato che il 21 gennaio alle ore 9 dovrebbe aver luogo il primo convegno dei rappresentanti degli inquilini d’Italia, convegno superato ormai dalle intese pacifiche avvenute in tutta Italia; considerato che relatore di detto convegno è un certo signor Ezio Riboldi, di professione deputato (a considerare che a gennaio l’On. Riboldi, ancora non era stato dichiarato decaduto dalla carica), suddito volontario di un paese straniero in cui il partito dominante ha dichiarato guerra al fascismo (si riferisce alla partecipazione di Riboldi alla Terza Internazionale a Mosca); Considerato tutto questo, il convegno degli inquilini è proibito. Il Questore di Roma è incaricato di dare attuazione alla presente ordinanza.” Un fatto che fece scalpore. Consultando l’archivio storico dell’Avanti (il giornale del Partito Socialista) si trova nell’edizione di domenica 21 gennaio 1923, un grande titolo sparato nella prima pagina: “L’Ukase mussoliniano contro il Convegno degli inquilini” (“ukase” dal russo Ukaz: editto imperiale, diktat), con un editoriale che denuncia come questo divieto altro non rappresentasse che “un altro servizio che il governo viene a rendere ai padroni di casa.”
In quale strada della Capitale era previsto quel convegno? Altra “coincidenza” della storia, in una sala di Via Cavour, la stessa Via, forse a pochi passi, da dove oggi è la sede nazionale e romana dell’Unione Inquilini.
Coincidenze della storia? Forse, ma anche fili che si riannodano lungo un percorso sempre diverso e che si innova, dentro una storia che rimane fedele a sé stessa.